Figura 1 e 2: vista dall’alto e trasversale di una conoide di deiezione con insediamento antropico (fonte Google Earth).
Nelle immagini in alto è visibile un paese sviluppatosi su un’area ad elevazione maggiore rispetto al fondo valle in cui giace (piana alluvionale dell’Adige). L’area in sopraelevazione è una conoide di deiezione (o conoide alluvionale) che si estende allo sbocco di un canyon nella fascia pedemontana.
In Figura 1 e figura 3 è possibile vedere la forma caratteristica dei coni di deiezione (in pianta, forma a ventaglio, in sezione trasversale forma lobata che si rastrema verso i bordi).
Figura 3: morfologia schematica di una conoide alluvionale (fonte “Sedimentologia: Ambienti sedimentari e facies” Vol. III, Ricci Lucchi).
Le conoidi sono il risultato dell’abbandono di materiale da parte di un processo di trasporto ad altissima energia cinetica, i debris flows o colate detritiche; i debris flows rientrano nella categoria dei processi massivi gravitativi.
Si tratta di un fenomeno geologico caratterizzato da un processo di trasporto non selettivo in cui il fluido coinvolto è l’acqua (e in minima parte aria) che porta in sospensione materiale di varia natura e granulometria (pezzatura variabile da blocchi a materiali molto fini come l’argilla o il limo). Si tratta di flussi in cui i materiali sedimentari coinvolti sono prossimi alla concentrazione di massimo impaccamento, per cui si parla di fluidi non newtoniani in cui la viscosità è determinata proprio dalla quantità di materiale solido fine immerso in acqua, fluido Newtoniano per eccellenza; infatti, è esatto dire che il materiale solido galleggia in una sospensione fangosa in cui acqua e particelle fini sostengono i blocchi più grandi (fluido di Bingham a comportamento visco-plastico).
Per i fluidi non Newtoniani non valgono le leggi della viscosità lineare dal momento che il comportamento viscoso varia sia in funzione della quantità di materiale immerso nel fluido, sia in funzione dell’entità dello sforzo di taglio applicato (fluidi dilatanti, pseudoplastici e plastici) oppure in funzione del tempo di applicazione dello sforzo (fluidi tixotropici e fluidi reopectici) (figura 4).
Fig. 4 Grafico sforzo di taglio-tasso di velocità in funzione della viscosità (fonte: Volume 2 della rivista “The Sedimentary Record”).
La viscosità, e quindi le forze di attrito interno, determinano il regime laminare del flusso che insieme alla spinta di Archimede rende possibile il trasporto per galleggiamento di grossi blocchi e dei tronchi di albero, per cui è vero che il fenomeno è massivo e il deposito risulta disorganizzato perché tutto si muove contemporaneamente anche se all’interno del deposito stesso è possibile osservare, a grandi linee, una sorta di gradazione inversa dovuta alla maggiore concentrazione dei clasti più grandi al tetto (figura 5)
Figura 5: Debrite (fonte della foto a destra: Volume 2 della rivista “The Sedimentary Record”).
Come già detto, l’energia cinetica in gioco sono tra le più elevate presenti nella sedimentazione meccanica che si traduce in velocità di movimento molto elevate (15-20 m/s); quindi, considerando la natura e la quantità del materiale trasportato nonchè l’elevata velocità di scorrimento, i debris flows hanno un’elevata capacità erosiva che può comportare fenomeni di instabilità anche nei versanti attigui e possono essere definiti flussi di natura catastrofica.
Il fenomeno si può innescare solo con delle condizioni al contorno (infatti devono esserci dei fattori predisponenti e dei fattori determinanti o innescanti):
Tra i fattori predisponenti ritroviamo:
Tra i fattori determinanti ritroviamo:
Quindi, perché ci sia l’innesco devono essere presenti un’area sorgente con fenomeni di erosione in atto (versante con deflusso incanalato di acque) e un’area di propagazione in cui l’erosione eguaglia il deposito (canyon). Perché si formi il deposito (cono di deiezione), invece, deve esserci un’area di accumulo. Come già detto l’area di accumulo è il fondovalle, quindi la fascia pedemontana, in cui la pendenza è inferiore rispetto a quella dell’area di propagazione, ed è proprio la differenza nel gradiente di pendio tra le due aree che determina l’arresto della flusso.
I coni di deiezione sono forme morfologiche con caratteristiche adatte all’insediamento urbano per due motivi, il primo perché, rispetto al fondovalle in cui sorgono, hanno un’elevazione maggiore che si riflette sulla temperatura lievemente più alta; il secondo è che i terreni che la costituiscono risultano essere fertili e ricchi in falde grazie alla disomogeneità dei materiali. La formazione di nuclei insediativi però riconduce a due problematiche: una di tipo geologico (da cui deriva la pericolosità geologica) legata alla imprevedibilità dei debris flows, l’altra è di tipo geotecnico (pericolosità geotecnica) legata alla natura dei depositi.
Pericolosità geologica
Deriva dai debris flows. Da quanto sin qui detto sui debris flows (natura imprevedibile e catastrofica) è facile dedurre che ne deriva una pericolosità geologica (nello specifico idrogeologica) che in presenza di abitati si trasforma in rischio idrogeologico che si può tradurre in perdita di vite umane e di beni materiali.
Le azioni preventive possono esserci e consistono in uno studio approfondito dell’area attraverso costruzione di cartografia ad elevato dettaglio. La cartografia deve rappresentare le osservazioni e le misure dirette del terreno, quindi in questa devono essere evidenziate la presenza di incisioni e dei materiali detritici, la morfologia precisa dell’area. Altri elementi necessari sono: a) deve essere fatto un esame dei dati storici per risalire alla frequenza del fenomeno; b) deve essere eseguito un esame di foto aeree di anni diversi per determinare le variazioni morfologiche dell’area; c) è necessaria una modellazione numerica dell’evoluzione morfologica; d) occorre lo studio delle variazioni di intensità nelle precipitazioni. Solo in questo modo è possibile allertare immediatamente la popolazione in caso di intensità piovose molto elevate in correlazione anche con la loro durata. Fondamentali sono anche il monitoraggio dei versanti e gli interventi di risistemazione idraulico-forestale al fine di rallentare deviare o contenere la colata detritica.
Pericolosità geotecnica
Deriva dalla natura dei materiali che costituiscono il cono di deiezione.
A grandi linee il cono di deiezione può essere suddiviso in una fascia prossimale (porzione più vicina allo sbocco del canyon) e una fascia distale (porzione più lontana dallo sbocco del canyon).
Figura 6: sezione trasversale di un cono di deiezione
Il debris flow sfociando a valle subisce un rallentamento a causa della variazione del gradiente di pendio; quindi, diminuendo la sua energia cinetica non riesce a sostenere il materiale più grossolano che viene depositato; le particelle fini invece continuano ad essere trasportate fino a quando non c’è totale dissipazione di energia. Ne deriva una variazione soprattutto laterale ma anche latero-verticale nella granulometria dei depositi da grossolana a fine in eteropia di facies. Praticamente ritroviamo lungo una stessa direzione, a contatto tra loro, terreni incoerenti di natura granulare a diversa pezzatura (ghiaie e sabbie) e terreni coesivi come limi e argille. Questi due tipi di terreni reagiscono in maniera differente a contatto con l’acqua e all’applicazione di carichi provocando dei possibili problemi di stabilità nelle strutture che nel caso più semplice si traduce nello sviluppo di cedimenti differenziali con conseguente comparsa di crepe sulle sovrastrutture.
guarda il video di un debris flow!
Geol. Giorgia Trevisan (esperta di I livello)
Via della Fontana n. 34
Mentana (RM) - 00013
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